La rottura delle molle della forcella: un'insidia che può trasformare una gita fuori porta in un incubo.



Non si tratta di un fenomeno strano: le molle della forcella, per quanto si tratti di parti meccaniche robuste a suo tempo realizzate con acciaio armonico al silicio, possono rompersi.
In molte applicazioni gli elementi metallici, soggetti al tormento meccanico di sollecitazioni ripetitive o cicliche, si possono rompere.
Si tratta spesso di rotture per fatica, un’insidia per le molle della forcella e per il sistema di ammortizzazione del Galletto. 



 Le rotture per fatica insorgono, peraltro, improvvisamente dopo un certo tempo di funzionamento e spesso senza alcun segno premonitore di avvertimento.
La cricca di rottura parte, di solito, da un difetto superficiale, ossia da un intaglio, da una scalfitura o una microcricca che, estendendosi per azione dello sforzo applicato, fa diminuire la sezione resistente del pezzo a fronte della concentrazione dello sforzo interno.
La sezione resistente, ad un certo momento, si riduce al punto da non essere più in grado di sopportare la sollecitazione e pertanto il materiale si rompe di schianto.




Fenomeni di fatica possono innescarsi con origine da qualsiasi punto della zona di massima sollecitazione.
Come conseguenza diretta della modalità di propagazione della cricca, s’individuano a livello macroscopico sulle superfici di rottura due zone nettamente distinguibili.

 In genere la prima zona ha una parte della superficie di rottura liscia e lucida, corrispondente alla propagazione lenta della cricca.
Questo aspetto è dovuto al fatto che le due superfici della cricca, direttamente a contatto fra loro, sono soggette a continuo sfregamento durante ogni ciclo.
La seconda zona ha un aspetto di superficie grezza e rugosa e corrisponde alla rottura finale di schianto del pezzo. 

 In molti casi, l’ampiezza del ciclo di sollecitazione non è costante, ma può avere periodi di riposo alternati a periodi di funzionamento, oppure periodi d’accelerazione alternati ad altri di decelerazione.

In queste condizioni l’apice della cricca si muove con velocità d’avanzamento variabile e nello stesso tempo si modifica l’entità dell’azione di sfregamento tra le superfici della cricca a contatto.
Come conseguenza, si ha spesso la comparsa nella prima zona della superficie di rottura d’alcune linee caratteristiche, ovvero le linee d’arresto o di spiaggia, circolari o concentriche al punto d’innesco della cricca. 


 La rottura per fatica è quasi sempre caratterizzata da assenza di deformazione plastica macroscopica nelle aree del pezzo contigue alla cricca; in questo senso la rottura per fatica assomiglia ad una rottura fragile.

Inoltre, se in un materiale rottosi in esercizio sono presenti grandi deformazioni plastiche, si può pensare che la rottura sia avvenuta per un sovraccarico improvviso, piuttosto che per un carico ripetuto continuamente nel tempo.

 L’analisi dell’aspetto macroscopico della rottura permette di stabilire, il tipo di sollecitazione cui il pezzo è stato sottoposto e l’entità dello sforzo: una grande estensione della zona rugosa rispetto a quella liscia porta a concludere che la rottura è avvenuta sotto l’azione di uno sforzo massimo assai rilevante prossimo o anche superiore al limite di snervamento; viceversa una piccola estensione di tale zona fa pensare a piccole sollecitazioni ripetute un numero elevato di volte.

 Ai nostri fini è bastato smontare la ruota, rimuovendo dai supporti dei biscottini il ceppo del freno, per liberare gli elementi oscillanti e verificare la tensione dell’ammortizzazione.
La molla dell’elemento di sinistra era quasi inesistente ai fini del carico.

Da qui lo smontaggio e la sostituzione delle molle.
Entrambe le molle, mi raccomando, per evitare che le diverse tensioni compromettano l’equilibrio degli elementi elastici e la risposta al manubrio. 


 Notevole la sorpresa nel vedere durante lo smontaggio come la rottura si è riferita non a una sola parte della spira ma a più fratture del medesimo elemento, provocando la diffusa frammentazione della molla nell’astuccio, con i frammenti tenuti in sede dallo stelo che funge da guida per la molla e gli elementi elastici custoditi nella parte alta dello stelo che fungono da paracolpi per il ritorno della molla.

 Fortunatamente, nel tempo, abbiamo fatto rifare le molle da uno stabilimento specializzato, che le hanno realizzate secondo le specifiche ed i disegni della Moto Guzzi.



















Reperito anche lo stesso materiale, a cui tuttavia abbiamo ritenuto di abbinare un processo di pallinatura per microdistendere il materiale ed evitare quindi situazioni di tensione, le molle di ricambio erano pronte.








 Il risultato è stato collaudato in occasione del “Raduno Bresciano del Galletto Moto Guzzi”, che si è svolto a fine maggio 2017, col vecchio 192 rosso che ha superato brillantemente le asperità della strada ed è letteralmente scivolato lungo le verdi colline della Franciacorta, tra aziende agricole e cantine vinicole.

 Una riparazione “fai da te” che è costata pochi euro e che garantirà al nostro 192 nuove cavalcate nel solco della tradizione.


In conclusione un consiglio: se solo avete un piccolo dubbio che le molle della vostra forcella possano essersi rotte, controllatele immediatamente e, nel dubbio, cambiatele in entrambi gli steli della forcella.
 Il rischio dell'instabilità alla guida per elementi elastici non bilanciati  è troppo alto per correre simili rischi!


"Usate olio Shell"

Una raccomandazione che diventa decalcomania
sul serbatoio dell'olio del Galletto.

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Quando i particolari danno un senso all’interezza del veicolo, allora anche la scritta “Usate olio Shell” che si trova su molti Galletti conservati merita una qualche attenzione.

 
 In effetti, è da tempo che osserviamo la necessità di applicare la scritta sui serbatoio dei 175 e dei 192, ma l’impossibilità di trovare la decalcomania ci ha limitato nell'opera di restauro.
 
Abbiamo allora chiesto ad un esperto di copiare la scritta e di riprodurla in un ben più pratico adesivo.
Ne è nato un delizioso sticker che possiamo finalmente applicare ai nostri veicoli e completarli così ai fini della loro ricostruzione storica.

In molti casi abbiamo trovato queste scritte conservate parzialmente sul dorso dei serbatoi dell’olio: non è peraltro un caso che la Moto Guzzi avesse sposato la promozione - in vista di un accordo chiaramente commerciale – degli oli Shell.
Da qui l’indicazione anche sui libretti di uso e manutenzione della raccomandazione di utilizzare lubrificanti  della nota e apprezzata casa.
 
L’adesivo riporta la scritta nei caratteri e nei colori originali.
Si applica,  dopo aver sgrassato la superficie  con della benzina, togliendo prima la pellicola dalla parte dell'adesivo, quindi la pellicola protettiva superiore; una volta fatta uscire l’aria, si ripassa più volte con la pressione delle dita e si ottiene così la perfetta adesione alla vernice del serbatoio dell’olio.






 
Un particolare estetico, dunque, di poca spesa ma che garantisce un significativo impatto all’occhio esperto.

Del resto, la passione è fatta anche di attenzione per queste piccole cose: particolari che si adattano alla nostra necessità anche estetica, oltre che affettiva, di completare l’amato pezzo, per ridargli l’immagine di un tempo.

 
Nel caso dell’applicazione al Galletto nelle immagini, abbiamo fatto un piccolo sforzo in più: con uno straccio umettato di diluente abbiamo leggermente ripassato l'adesivo, per logorarne un poco la superficie.
Con un minimo di attenzione si ottiene l'effetto di invecchiamento che ricerchiamo nei nostri restauri.
 
Il senso era di rendere la scritta leggermente usurata, al pari di una conservata, e dare la sensazione della consunzione dovuta all’uso ed al passare del tempo.

 
Un piccolo contributo che rende la scritta omogenea alle condizioni di conservazione del veicolo e che nulla toglie a tutto l’insieme.
 
Peraltro essendo la scritta adesiva, la si può rimuovere senza grandi difficoltà nell’arco di pochi secondi e con un pizzico di pasta abrasiva si può riportare la superficie su cui era stata applicata allo stato iniziale.

 

Grigio addio, ecco le manopole gialle per il Galletto

Una grande novità attende i nostri Galletti e la passione per il restauro filologicamente corretto.
Dopo una lunga ricerca siamo infatti riusciti a trovare delle fantastiche coppie di manopole per il manubrio in eccellente para color crema.
Ovviamente la loro reperibilità è rara, ma ne abbiamo fatto una congrua scorta!
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Basta dunque ai restauri che prevedono alla conclusione dei lavori il montaggio di coppie di manopole grigie.
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Le manopole che abbiamo trovato hanno la stessa tonalità di colore delle originali, ovvero color crema tendente al giallo oro, pur non essendo mai state chiaramente montate.
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Il loro grip è fantastico: essendo in materiale morbido, sono assolutamente gradevoli e naturali da stringere, mentre il diametro interno permette il montaggio sui manubri del Galletto dal 160 (tutte le versioni) al 192 a pedale.

Per il montaggio suggeriamo di adottare l’espediente dell’alcool: si tratta di bagnare le superfici interne con l’alcool al fine di lubrificare il punto di attrito con le superfici cromate del manubrio.
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L’alcool a differenza dell’olio o del sapone, tende poi a evaporare, lasciando le superfici assolutamente asciutte e quindi le manopole aderiscono perfettamente alle superfici sulla quali sono montate.
Il sapone invece si secca e quindi torna alle sue caratteristiche di scivolosità ogni volta che l’acqua lambisce il nostro mezzo. Con il risultato delle manopole poco salde.
Addio quindi ai Galletti degni di un premio in ordine al restauro, ma con quelle brutte manopole grigio chiaro.
Finalmente alle nostre moto sarà restituito anche questo legittimo aspetto in ordine all’aderenza all’originalità.
C’è infatti anche chi, pur di non rinunziare al restauro corretto, preferisce montare le manopole vecchie e consunte, pur di non abbracciare il filone del “grigio chiaro”.
Non è infatti raro vedere nei raduni dei Galletti con manopole come queste:

Un problema che adesso abbiamo risolto.
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